Per tantissimo tempo sport e disabilità sono stati due mondi distinti, impossibile da connettere insieme e di difficile integrazione. Eppure uno degli insegnamenti più importanti dello sport è la resilienza, ovvero la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. Un concetto che una persona disabile conosce fin troppo bene, e che affronta ogni giorno nelle piccole e grandi sfide quotidiane, in città ancora troppo poco accessibili.
Lo sport ci insegna anche l’importanza della tenacia, della costanza, il “non rinunciare” e il “non arrendersi”, malgrado gli impedimenti che si hanno di fronte, ed è proprio questo il vero collante tra due mondi solo apparentemente inconciliabili.
In questo senso, le paralimpiadi hanno dato a tutti l’opportunità di comprendere che non ci sono limiti nella vita, e che non si è “disabili” ma diversamente abili. E oggi tutti questi sportivi sono un esempio, un simbolo di inclusione e integrazione: da Bebe Vio ad Alex Zanardi, a Esther Vergeer.
Ecco le loro storie.
Sport e Disabilità: le storie di alcuni tra i campioni più famosi
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Esther Vergeer
Nel 2013, anno del suo ritiro dallo sport, era considerata la giocatrice più forte negli sport professionistici. Esther Vergeer è stata una giocatrice di tennis in sedia a rotelle e, prima ancora, una giocatrice di basket in carrozzina, con una mielopatia vascolare diagnosticata sin dall’infanzia. È per tanti la regina dei record: in tutta la sua carriera sportiva ha vinto 695 partite in singolo e ne ha perse solo 25; inoltre ha vinto 441 doppiette e perse solo 35. Per quasi 10 anni di fila è rimasta imbattuta.
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Alex Zanardi
Alessandro Zanardi è per molti il simbolo del coraggio e della resilienza. Pilota automobilistico, 15 settembre 2001, durante una gara del campionato Champ Car, in Germania, perse improvvisamente il controllo della vettura andando a sbattere contro l’auto di un altro pilota. A causa dell’incidente gli furono amputati entrambi gli arti inferiori, e dovette subire 16 operazioni, ma anche dopo questa dura prova decise di proseguire la sua carriera. Inizia così la sua passione per handbike e per il paraciclismo, disciplina nella quale ha conquistato 4 medaglie d’oro ai Giochi di Londra 2012 e Rio nel 2016 e otto titoli ai campionati mondiali su strada.
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Trischa Zorn
Atleta paralimpica più decorata di sempre. Nata con una rara malattia congenita, aniridia, caratterizzata dall’assenza completa o parziale dell’iride, è la nuotatrice paralimpica con più medaglie conquistate: 55 di cui 41 d’oro, tanto che a oggi ai nuotatori disabili negli Stati Uniti viene assegnato un premio a suo nome: il Trischa L Zorn Award. Nel 2012 è stata inclusa nella Hall of Fame delle Paralimpiadi.
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Bebe Vio
Schermitrice e campionessa mondiale ed europea in fioretto individuale paralimpico. Colpita da meningite all’età di 11 anni, che le ha provocato un’estesa infezione tanto da costringere all’amputazione degli arti, riprende subito l’attività sportiva a livello agonistico, grazie a una particolare protesi progettata per sostenere il fioretto. Il 28 agosto 2021 ha conquistato la medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Tokyo.
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James Anthony Abate detto “Jim Abbott”
Conosciuto più con il nome di Jim Abbott che con quello di James Anthony Abate, è stato per 10 anni un lanciatore della Major League Baseball, la massima serie di baseball americana. Ed è stato uno dei più grandi del baseball pur giocando senza la mano destra. Nel 1988 Jim Abbott ha vinto una medaglia d’oro in un evento dimostrativo alle Olimpiadi estive.
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Arunima Sinha
Ex giocatrice nazionale di pallavolo e di football, prima dell’incidente che le costò l’amputazione della gamba. Oggi, Arunima Sinha è un’alpinista di grande talento. Ha scalato il monte Everest, il monte Kilimangiaro, il monte Elbrus, il monte monte Kosciuszko, il monte Aconcagua, la piramide di Carstensz e il monte Vinson, ovvero le vette più alte dei sette continenti.
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Amy Palmiero-Inverni
Dopo un tragico incidente che gli costò una gamba, avvenuto quando aveva 22 anni, oggi Amy Palmieri Inverni è un’atleta con oltre undici record mondiali in maratone, triathlon e ultra-maratone. Nel 2009 ha vinto una ultramaratona correndo per 130,4 miglia nel tempo assegnato. È il simbolo dell’inclusione, avendo gareggiato più volte, ottenendo record mondiali, contro atleti normodotati.
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Bethany Hamilton
La storia di Bethany Hamilton sembra quella di un film. Il 31 ottobre 2003, quando aveva appena 13 anni, venne attaccata da uno squalo tigre mentre faceva surf con una sua amica. Circa sette mesi dopo l’incidente, Bethany tornò sulla tavola e imparò a utilizzarla con un braccio solo. Il 10 gennaio 2005 prese parte alla prima competizione ufficiale.
Queste sono solo alcune delle incredibili storie che ci sono e che lo sport ci può raccontare. Tante devono ancora essere scritte.
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